- La pubblicazione in Italia
del testo Edith Stein e il
nazismo (Ales
Bello e Chenaux, 2005) (1)
ha riproposto il tema del rapporto fra la Chiesa e il nazismo
e, in particolare, quello della posizione che i due Pontefici Pio XI
e Pio XII hanno assunto nei confronti della deportazione e dello
sterminio degli ebrei.
-
- La posizione di Edith Stein
nei confronti del nazismo è strettamente legata agli avvenimenti di
cui ella è stata protagonista. Per questo, per comprenderla,
bisogna far riferimento ad essi. Fortunatamente, grazie alla sua
grande memoria e alla sua profonda capacità di narrare quanto le
accadeva, possiamo averne un quadro piuttosto chiaro e dettagliato. (2)
-
- a. Il piano di
distruzione degli ebrei
-
- Anno decisivo nella storia
del nazismo e per il piano di distruzione degli ebrei (3) fu il 1933. Lo fu anche per Edith Stein che,
a causa della sua origine ebraica, dovette abbandonare
l’insegnamento ed ebbe finalmente la possibilità di realizzare pienamente la sua
vocazione entrando nel Carmelo di Colonia. È l’anno in cui
scriverà la lettera a Pio XI nella quale invoca un intervento
magisteriale contro il nazismo facendo presente quanto stava
accadendo al suo popolo.
-
- Per questo ci sembra utile,
al fine di mostrare la profonda pertinenza delle osservazioni e
delle analisi che ella svolge su quello che stava avvenendo, offrire
un quadro degli avvenimenti accaduti in questo anno, con particolare
riguardo alle misure prese dal governo tedesco nei confronti degli
ebrei.
-
- Il 1933 ha inizio con la
nomina di Hitler a cancelliere del Reich.
Il 30 Gennaio il presidente dello stato tedesco, il maresciallo von
Hindenburg, nomina
Hitler capo di un governo di coalizione di
cui lo stesso Hitler ridurrà
man mano le funzioni a favore di un potere sempre più esteso e
personale. Il 27 Febbraio il Reichstag (la sede del parlamento
tedesco) viene incendiato e il giorno dopo Hitler ottiene
l’emanazione della “Verordnung
des Reichspräsidenten zum Schutz von Volk und Staat” (il
“Decreto del Presidente del Reich per la protezione del popolo e
dello Stato”), che sopprime i diritti politici sanciti dalla
costituzione di Weimar e funge da base giuridica per la detenzione
prolungata degli avversari politici, detenzione che ora
può avvenire anche
semplicemente per motivi di “pubblica sicurezza”. Viene
messo al bando il Partito comunista, cui appartiene l’uomo
accusato dell’incendio, e fortemente limitata la libertà di
stampa.
-
- Il 5 Marzo, alle elezioni
per il Reichstag, il NSDAP (“Nationalsozialistische
Deutsche Arbeiterpartei” – “Partito nazionalsocialista
tedesco dei lavoratori”) ottiene solo il 43,9% dei voti, ma il
Parlamento approva la legge di attribuzione dei pieni poteri al
governo mediante la quale Hitler continua il cammino che lo condurrà,
alla morte di Hindenburg, alla formazione dello stato totalitario.
-
- Il 22 Marzo viene istituito
il primo campo di concentramento a Dachau, nei pressi di Monaco, in
cui all’inizio vengono imprigionati soprattutto oppositori
politici. L’esistenza del sistema repressivo, qui inaugurato, non
viene nascosta, anzi alcune
notizie vengono di proposito fatte filtrare attraverso la stampa del
partito, determinando così
un clima di paura tra la popolazione.
-
- Questa breve serie di
avvenimenti mostra quanto spedito sia stato il cammino attraverso il
quale Hitler ha rafforzato il suo potere all’interno del Reich.
Tale velocità sarà
la caratteristica comune anche al piano di distruzione degli ebrei.
Estremamente rapido sarà, infatti, il susseguirsi di provvedimenti
mediante i quali l’apparato burocratico del governo tedesco
realizzerà il sistema che condurrà
progressivamente gli ebrei europei a subire la sorte da tutti
conosciuta, attraverso le fasi della definizione,
dell’espropriazione e del concentramento.
-
- Questi provvedimenti, di cui
avvertiremo le conseguenze nei resoconti della Stein, sono il
prodotto di una:
-
- vastissima
macchina amministrativa. Questo apparato crebbe passo dopo passo;
l’iniziativa delle decisioni, come la loro applicazione, ne dipese
sempre e largamente. Per distruggere gli Ebrei d’Europa, non venne
creato né un organismo specifico, né fissato un budget
particolare. Ciascuno dei settori doveva giocare un ruolo specifico
nel processo e ciascuno doveva trovare al proprio interno i mezzi
per portare a compimento il proprio scopo (Hilberg, 1985/1999, p. 61).
-
- Il primo di essi fu la
“Legge per il rinnovo dell’amministrazione pubblica” emanata
il 7 Aprile. Attraverso di essa, per la prima volta, gli ebrei
vengono definiti. In particolare, in quello che verrà chiamato Arierparagraph,
leggiamo: «Gli
impiegati pubblici che non
siano di discendenza ariana verranno pensionati; qualora fossero
pubblici ufficiali onorari verranno privati del loro status» (cf.
Hofer, 1964, p. 25) (4). La definizione
a mezzo decreto fu la prima fase del processo di distruzione
degli ebrei. Non si può combattere un nemico senza individuarlo. La
storia dell’antisemitismo mostra la difficoltà, da parte di quanti
hanno voluto emarginare ed eliminare gli ebrei, di individuarne le
caratteristiche specifiche. Ecco perché il primo grande sforzo, che
non avrà più interruzioni, della burocrazia tedesca sarà quello
di definire in maniera precisa le caratteristiche di coloro che
dovevano essere oggetto delle persecuzioni. Gli studi più recenti,
sia quelli riguardanti il Nazismo che quelli riguardanti il Fascismo
in Italia, mostrano quanto ampio fu il numero di leggi e circolari
attraverso le quali si tentò di individuare, nella maniera più
precisa possibile, quelli che dovevano essere eliminati. Questo
sforzo mirava a rimuovere l’utilizzo dei pogrom
estemporanei, i quali arrecavano danni di immagine e di
carattere economico
agli stati nei quali avvenivano, e ad inserire la distruzione degli ebrei in un sistema burocratico, il
cui meccanismo comportava un completo automatismo mediante il quale
veniva apparentemente eliminata ogni forma di responsabilità
personale nel
crimine. Obbedire a quanto era prescritto da una legge era segno di
grandezza e moralità, non di scelleratezza o di un’inclinazione
alla malvagità. Le vicende giudiziarie di molti esponenti del governo nazista hanno visto l’emergere di questa
tesi come argomento di difesa (5).
-
- Abbiamo
parlato a lungo della legge del 7 aprile
perché è proprio
delle conseguenze di essa che Edith
Stein ci
parla in alcune lettere e nella premessa alla storia della sua
famiglia che ella comincerà a redigere nel settembre di questo
stesso anno quando, ormai vittima
delle
disposizioni
contenute nell’Arierparagraph,
dovrà abbandonare l’insegnamento presso l’Istituto di Pedagogia
Scientifica di Münster, nel quale era giunta l’anno prima.
-
- E
su quanto ella scrive che vogliamo ora soffermarci.
-
- Il
5 Aprile scrive alla sua madrina di Battesimo Edwige Conrad-Martius:
-
- I
miei cari a Breslavia naturalmente sono molto agitati e abbattuti.
Riguardo al nostro negozio, da molto tempo purtroppo non fa molta
differenza se sia aperto oppure no. Anche mio cognato aspetta ogni
giorno il suo licenziamento (è primo assistente alla clinica
dermatologica universitaria). Kuznitsky ha già perduto il suo posto
come capo del reparto dermatologico di un ospedale
cittadino. Ogni lettera contiene delle nuove brutte notizie.
Sembra che ai miei parenti ad Amburgo non sia ancora accaduto
qualcosa di brutto. Riguardo a me personalmente, da tutte le parti
mi viene assicurato che non ho da temere per il mio posto di lavoro,
e proprio in questo ultimo periodo ho fatto esperienza di tantissima
gentilezza, cosa che naturalmente fa molto bene (Stein, in corso di
stampa, lett. 250).
-
- La Stein riferisce alla
Conrad Martius del boicottaggio delle attività commerciali degli
ebrei che segnò l’inizio di quella che sarà la seconda fase del piano di
distruzione attuato nei loro confronti: l’espropriazione.
-
- Il 29 Marzo il Partito
nazista aveva preso l’iniziativa di creare un comitato per il
boicottaggio dei negozi ebraici. Esso realizzò il suo compito:
-
- organizzando
raduni di massa, nei quali alte personalità del Partito, Streicher
e Goebbels tra gli altri, presero la parola, e piazzando davanti a
negozi ebrei “guardie di protezione” scelte fra le SA e le SS.
Queste guardie in camicia bruna o uniforme nera dovevano soltanto
“informare” il pubblico che il proprietario del negozio era
ebreo; a volte, adempivano la loro missione dipingendo la parola Jude sulle vetrine (Hilberg, 1985/1999, p. 96).
-
- Dalle parole di Edith Stein
emerge l’impressionante rapidità e inesorabilità con le quali questa fase viene attuata. L’espropriazione
sarà portata a termine attraverso provvedimenti che miravano al progressivo
licenziamento degli ebrei dalle amministrazioni pubbliche, secondo
una sequenza che interessò, di volta in volta, i giudici, gli
avvocati, i medici (come indicato dalla stessa Stein), dalle
industrie private, con non poche difficoltà derivanti dalla
mancanza di una normativa che permettesse il licenziamento senza una
motivazione adeguata (6)
e dalla qualità del lavoro svolto (7),
alla cosiddetta “arianizzazione” delle industrie di proprietà
degli ebrei: l’obbligo di vendita delle industrie di proprietà di
famiglie ebree a industriali o a organizzazioni di nazionalità
tedesca (8).
-
- Rimane,
al momento, per la Stein il
dubbio sulla possibilità di conservare il proprio posto di lavoro. L’Istituto in
cui ella insegnava era stato costituito da un’associazione di
insegnanti cattolici e, in quanto privato, sfuggiva alle norme della
legge del 7 aprile di cui abbiamo parlato.
-
- Naturalmente,
come la Stein stessa ci testimonierà, questo privilegio durò poco.
- Infatti,
è del 7 Maggio la lettera in cui ella parla in termini più
drammatici di quanto stava avvenendo:
-
- Inoltre
penso che noi non siamo qui per questo, per avere cioè il cielo
sulla terra. Credo che se tu fossi più consapevole di quante
migliaia di esseri umani vengono ora spinti alla disperazione,
allora desidereresti con ardore strapparli a questa immane quantità
di difficoltà e di dolore che essi devono subire.
- Giungo
dunque alla tua prima domanda: il convegno di Karlsruhe non può
aver luogo a causa della grande crisi in cui l’intero corpo
insegnante cattolico si trova ora. Dunque anch’io non verrò; il
nostro Istituto è coinvolto in questa crisi. Questo semestre non
posso tenere lezioni (a causa della mia origine ebraica). Per il
momento da parte dell’Istituto si provvederà ancora a me, perché
si spera che, nonostante tutto, il mio lavoro scientifico risulterà
ancora utile in ambito cattolico, però non credo più alla
possibilità di un mio ritorno ad insegnare presso di esso, e in
generale che sia possibile per me svolgere un’attività didattica
in Germania. Per il momento rimango qui, finché la situazione non
si chiarisce. Non preoccuparti per me. Il Signore conosce le Sue
intenzioni nei miei confronti (Stein, in corso di stampa, lett.
255).
-
- Il tono piuttosto duro usato
nel descrivere quanto stava accadendo rivela la profonda tensione e
severa lucidità con la quale Edith Stein guarda alla propria
situazione personale e a quella di quanti appartenevano al suo
popolo. Man mano che i giorni passano le misure antiebraiche attuate
dal governo tedesco diventano sempre più incidenti nell’esistenza
di coloro che: «sono stati strappati alla tranquilla ovvietà
dell’esistenza e costretti a riflettere su se stessi, sulla loro
natura e sul loro destino» (Stein, 2002, p. 2).
-
- Compare, nella lettera
citata, anche l’elemento che, più di ogni altro, colpisce il
cuore e la ragione di Edith. Di esso troviamo più di una
testimonianza. Si tratta del legame fra il dolore, la disperazione
e, in molti casi, il suicidio.
- Già nella lettera inviata
al Papa, scritta ad aprile,
dichiara:
-
- Tuttavia
il boicottaggio - che nega alle persone la possibilità di svolgere
attività economiche, la dignità di cittadini e la patria ha
indotto molti al suicidio: solo nel mio privato sono venuta a
conoscenza di ben 5 casi. Sono convinta che si tratta di un fenomeno
generale che provocherà molte altre vittime. Si può ritenere che
gli infelici non avessero abbastanza forza morale per sopportare il
loro destino. Ma se la responsabilità in gran parte ricade su
coloro che li hanno spinti a tale gesto, essa ricade anche su coloro
che tacciono (Stein citato in Ales Bello e Chenaux, 2005, p. 104).
-
- Edith Stein, con grande
profondità di
sentire e di giudizio, intuisce, nel momento in cui gli avvenimenti
erano ancora in svolgimento, quanto gli studi più recenti sulla
persecuzione degli ebrei hanno messo in luce. Il colpo più duro
inferto al popolo ebreo da parte del governo nazista è stato, come
abbiamo già documentato, quello
che Hilberg chiamava espropriazione: privare una
persona della possibilità di lavorare e di vedere il frutto del
proprio lavoro. Questo equivale ad annientarne l’esistenza stessa o per propria mano, attraverso il suicidio, o per mezzo di procedure
(9)
miranti ad eliminarne la più grande quantità possibile. Così
Hannah Arendt (1997) ne Le origini del totalitarismo: “Il primo passo decisivo verso il
dominio totale è l’uccisione del soggetto di diritto che è
nell’uomo” (p. 612). E ancora:
-
- Il
pericolo delle invenzioni totalitarie è che oggi, con la
popolazione e lo sradicamento in rapido aumento dovunque, intere
masse di uomini sono di continuo rese superflue nel senso della
terminologia utilitaristica (Idem,
p. 629).
-
- Edith avverte la drammaticità
e la gravità della situazione determinata dalla serie infinita di
decreti di cui abbiamo già parlato (10),
ma, ed è quello che ci sembra più
interessante, ne ricava un giudizio vero per l’esistenza di tutti.
Esso emerge con grande chiarezza in ciò che scrive nel capitolo III
della storia della sua
famiglia:
-
- […]
riflettendo su come fosse possibile una cosa simile e chiedendomi
anche come mai proprio tra gli ebrei il suicidio avviene
relativamente di frequente, trovai anche un’altra spiegazione.
Anche la guerra economica contro gli ebrei, che l’anno scorso ne
ha rovinati tanti in un colpo solo, ha causato uno spaventoso numero
di suicidi. Credo che l’incapacità di guardare tranquillamente in
faccia la rovina della propria vita esteriore e farsene carico sia
la conseguenza di un difetto di prospettiva rispetto alla vita
eterna. L’immortalità personale dell’anima non è un dogma.
Qualsiasi aspirazione è di tipo terreno. La stessa religiosità dei
devoti è tesa alla santificazione di questa vita. L’ebreo può
lavorare duramente, essere infaticabile e tenace e sopportare le
privazioni più grandi finché vede uno scopo dinanzi a sé. Se esso
gli viene tolto, la sua energia viene meno; la vita gli appare priva
di senso e così arriva facilmente a gettarla via. Invece, colui che
crede veramente è tenuto lontano dal farlo dalla sottomissione al
volere divino (Stein, 2002,
p. 54). (11)
-
- L’esistenza è determinata
dalla visione che si ha di essa. La persona umana è capace di
domandare a sé e di conoscere il senso del suo esistere e seguire
la direzione da esso indicata. Non può vivere semplicemente
obbedendo all’apparato psichico di cui è dotata in quanto esso è il meno specializzato tra quelli rinvenuti
negli esseri viventi. La sua psiche ha bisogno dell’energia che
proviene dall’attività spirituale e lo spirito è lo strumento
privilegiato del dialogo con la realtà dalla quale questa energia
proviene. Ecco perché negare l’esistenza di questa realtà
equivale a privare la propria vita di ciò che le da’ significato.
La Stein, con grande finezza, indica in un difetto di prospettiva,
vale a dire in un
mancanza di conoscenza, il problema dell’assenza di un senso che
dia una direzione chiara all’esistenza. Ella ha impegnato tutto il
suo essere, cuore e intelligenza, nella ricerca di una visione
dell’essere umano che non dimenticasse nessun fattore del proprio
vivere e la trova
nella verità rivelata dal cattolicesimo, cui consacra la sua stessa
esistenza. Proprio mentre scrive le parole sopra citate, ella sta
obbedendo al volere divino che non le ha risparmiato la sorte e le
sofferenze toccate al suo popolo e, proprio nell’obbedienza a
questo volere, diviene testimonianza vivente di ciò che afferma. Si
può vivere, “guardare tranquillamente in faccia la rovina della
propria vita esteriore e farsene carico”, accettando quello che
nella vita ci è dato di vivere solo se si ha chiaro che esso è
parte di un disegno divino che, seppur non sempre rivelato
chiaramente, mostrerà, alla fine, la sua bellezza e convincerà
della gloria del suo Fattore. L’obbedienza al volere divino è ciò
che preserva da difetti di prospettiva. Edith Stein più volte
racconta dell’impressione di tristezza provocatale
dalla partecipazione a funerali ebraici. Ricordando il primo di essi
a cui ebbe l’occasione di partecipare dice:
-
- Il
rabbino cominciò l’elogio funebre. Ho sentito molti discorsi di
questo tipo: si esamina il passato del defunto e si sottolinea ciò
che di buono egli ha fatto, ridestando in tal modo tutto il dolore
dei familiari; mai nulla di consolante viene detto. Si recita, sì,
a voce alta e solenne: «E quando la carne diviene polvere, lo
spirito ritorna a Dio che lo ha creato», ma ciò non presuppone
alcuna fede nella sopravvivenza personale e in un incontro dopo la
morte. Quando, molti anni dopo, assistetti a un funerale cristiano
la differenza mi fece una profonda impressione. Era uno studioso
famoso quello che veniva portato alla tomba, tuttavia non si parlava
più dei suoi meriti e neppure del cognome che aveva portato nel
mondo. Solo col nome di battesimo la povera anima veniva consegnata
alla misericordia divina. Tuttavia, com’erano consolanti e
confortanti le parole della liturgia che accompagnavano il defunto
nell’eternità! (Stein,
2002, p. 53).
-
- Il giudizio precedentemente espresso
emerge da una esperienza vissuta, Edith ha aprreso questo
atteggiamento dalla fenomenologia, che viene osservata con estrema
serietà.
-
- Ci siamo soffermati
lungamente sul tema del suicidio e della morte perché ci si è
mostrato di grande importanza nell’esperienza della
Stein, riguardo alle conseguenze dei primi provvedimenti presi dal
governo nazista nei confronti degli ebrei. Importante poi ci è
sembrata anche la posizione assunta dalla
Stein nei confronti di quello che accade:
occorre infatti che la prospettiva dalla quale guardiamo al nostro essere
non elimini
l’orizzonte infinito nel quale esso è inserito. Solo
quest’orizzonte, infatti, può dare la misura di quel che accade
nella vita e far sì che se ne percepiscano le giuste proporzioni;
così non viene annientato il gusto di vivere neanche di fronte alle
sofferenze più grandi. Edith stessa avrà la sorte, condivisa con
milioni di persone, di una morte anonima e di una impossibile
sepoltura: di tali circostanze si può solo tentare di immaginare l’immane
sofferenza, ma anche la responsabilità e la serenità con la quale furono
affrontate. Serenità
a cui ella lungamente era
stata preparata da ciò
che aveva vissuto acconsentendo al disegno di Dio su
di lei. (12)
-
- b. L’educazione dei giovani nella battaglia
contro il Nazismo
-
- Se le difficoltà per lo
svolgimento del proprio lavoro crescono a causa della progressiva
attuazione delle leggi antiebraiche e del clima sociale e politico
da esse generato, la Stein non perde di vista l’importanza
dell’educazione, in particolare di
quella dei più giovani, nella battaglia ingaggiata per
resistere al potere totalitario del governo nazista.
-
- Così
il 17 Maggio risponde ad una richiesta per una conferenza cui era
stata invitata:
-
- […]
alcuni mesi fa avrei senz’altro accolto la Sua richiesta. Oggi,
come faccio in ogni occasione del genere, devo a mia volta porLe una
domanda: Ella sa che io sono una convertita dall’ebraismo? e che
rischia di contrapporsi alla corrente dominante, nel concedere ad
una ebrea una tale influenza sulla gioventù tedesca? Se quindi
dovesse rinnovare la Sua richiesta, allora desidero riflettere se
posso assumere un tale impegno ancora fino ad agosto. Come docente
sono messa in aspettativa,
però non mi illudo più di poter ritornare all’Istituto. Cosa farò
in agosto e dove sarò, per il momento non lo so ancora (Stein, in
corso di stampa, lett. 256).
-
- Sappiamo bene quanto i
regimi totalitari abbiano investito sull’educazione. Il
Ministero per
l’educazione e quello per la propaganda erano
tra quelli che lavoravano più alacremente affinché l’ideologia
di regime potesse essere fatta propria da tutti ed avere il consenso
più largo possibile. Se importante era stata
la determinazione dell’identità
del nemico, ancora più importante era far sì che i decreti
del governo divenissero espressione di una visione comune a tutto il
popolo, fossero espressione del Volkgeist di hegeliana memoria. L’educazione e la propaganda,
quindi, erano gli strumenti privilegiati di questo piano di
eliminazione della realtà e della storia a favore di una ideologia
portata meticolosamente alle sue conseguenze più terribili. Gli
studi sui regimi totalitari hanno mostrato, con delle ricostruzioni
particolareggiate e scrupolose, quanto il sistema educativo degli
stati interessati abbia partecipato alla diffusione di visioni
dell’essere umano assolutamente scellerate e abbia contribuito a
far sì che i crimini commessi non apparissero nella loro piena
gravità. La Stein comprende bene che solo una battaglia condotta
sul piano educativo può permettere il superamento della situazione
di disordine nella quale ci si è venuti a trovare. Così, motivando
la ripresa di un antico progetto di redazione di una storia della
propria famiglia non ancora realizzato, scrive:
-
- […]
Gli scritti programmatici e i discorsi dei nuovi detentori del
potere hanno dato una risposta. Come uno specchio concavo, essi ci
rimandano l’immagine di una spaventosa caricatura. Forse essa è
stata disegnata con sincera convinzione. Forse i singoli tratti
imitano modelli viventi. Ma, l’umanità ebraica è il prodotto
necessario del «sangue ebraico» tout court? I grandi
capitalisti, la letteratura saccente, le menti irrequiete che hanno
ricoperto ruoli di primo piano nei movimenti rivoluzionari degli
ultimi decenni sono gli unici o anche soltanto i più autentici
rappresentanti dell’ebraismo? In tutti gli strati del popolo
tedesco si trovano persone che lo negano: essi sono entrati in
contatto con le famiglie ebree come impiegati, vicini di casa,
compagni di scuola e di università, e vi hanno trovato bontà
d’animo, comprensione, calorosa partecipazione e solidarietà; e
il senso di giustizia presente in loro è indignato dal fatto che
queste persone vengano ora condannate a un’esistenza da paria.
Molti altri, però, non hanno fatto queste esperienze. Tale
opportunità è negata soprattutto ai giovani, che oggi vengono
educati nell’odio razziale fin dalla primissima infanzia. Nei loro
confronti, noi, che siamo cresciuti nell’ebraismo, abbiamo il
dovere di rendere testimonianza (Stein, 2002,
p. 3).
-
- L’educazione è talmente
importante nella battaglia per la libertà, che la Stein, già
l’11 giugno 1933 scrive ad una suora:
-
- Non
è possibile pensare di rispondere verbalmente alla Sua domanda.
Solo poco tempo fa ho scritto a suor Agnella riguardo a
preoccupazioni dello stesso genere, ritengo però che sia dovere di
un educatore trascorrere questo periodo con le fanciulle. Fa parte
di questo dovere che si tenti di esprimere un giudizio, misurare i nostri termini di paragone, e in questo senso parlarne
alle allieve. Il messaggio di Pentecoste dei vescovi (13) ora può rappresentare per Lei un buon
punto di partenza. Una orsolina di Fritzlar mi ha raccontato di
recente che tra le sue allieve si era andata affermando la
partecipazione alla Lega dei crociati.
- […]
Credo che adesso più che mai un compito più grande spetti alle
Associazioni giovanili cattoliche, però io mi aspetto poco da
un’organizzazione che parta dall’alto, l’impegno maggiore deve
venire dalla gioventù stessa. Perciò forse è bene prestare
attenzione innanzitutto a quei giovani che guardano già con
entusiasmo ad un obiettivo, e incoraggiarli a ritenersi capaci
proprio per questo di raggiungere la maggior parte delle altre mete
possibili (Stein, in corso di stampa, lett. 260).
-
- La Stein ha dedicato gran
parte della sua esistenza all’opera educativa e ha compiuto un
grande sforzo intellettuale, in particolare negli anni che la videro
impegnata nell’attività di conferenziera sino alla sua permanenza
all’Istituto di Pedagogia di Münster, per chiarire i fondamenti
antropologici del proprio lavoro. Proprio gli anni in cui il popolo
tedesco vive il suo grande travaglio storico-politico nel
passaggio dalla monarchia alla democrazia, sono quelli che vedono
Edith Stein maggiormente impegnata nello sforzo di trovare e
indicare, a quanti hanno parte alla sua esistenza, una visione
dell’essere umano che sia il più possibile fedele alla sua realtà.
Questo impegno, iniziato con una ricerca di tipo personale nei primi
anni di studio e che si presenta come soddisfazione della necessità
di un chiarimento del proprio lavoro negli anni di maggior attività
pubblica, si concluderà, negli ultimi anni trascorsi all’interno
del Carmelo, con uno scavo interiore condotto nella forma di un
dialogo con l’Essere eterno da cui l’essere umano trae origine.
Lo sforzo intellettuale personale e la capacità di discernimento
rispetto a quello che la Rivelazione e la Tradizione cristiana
possono suggerire, contribuiscono a restituirci una visione
dell’essere umano quanto mai fedele alla sua realtà e importante
per la storia dell’antropologia filosofica.
-
- c. Educazione, Chiesa,
Nazismo
-
- L’affronto del tema
dell’educazione ci ha condotto già ad un’altra questione
importante per quel che riguarda la posizione di Edith Stein nei
confronti del Nazismo. Una questione che più di altre è stata
oggetto di incomprensioni ed
errori dovuti a studi storici compromessi da pregiudizi ideologici
e, in questi ultimi anni, di ricerche che ne hanno messo in luce
aspetti nuovi. Si tratta della posizione assunta dalla Chiesa nei
confronti del Nazismo. Già dalle lettere precedentemente citate
possiamo intuire che quando la Stein parla di educazione si
riferisce senz’altro a quella che ha di mira lo sviluppo globale
della persona. E
questo è possibile, come abbiamo già mostrato, solo a partire
dalla visione dell’essere umano suggerita dalla Rivelazione
cristiana nella sua confessione cattolica. Ecco perché parlare
dell’educazione, per la Stein, vuol dire, nel momento storico
particolare da lei vissuto, riferire della responsabilità della
Chiesa, nelle sue realtà, di adempiere al compito di fornire ai
giovani gli strumenti culturali per combattere l’ideologia
nazista. La battaglia deve essere combattuta, sul piano personale,
da ognuno. La comunità non può sostituirsi alla libertà personale
della singola persona. Nessuno può, al posto di un altro, decidere
per il suo bene. Qualcuno potrebbe compiere delle scelte che
permettano di salvare la vita di altre persone mettendo a rischio la
propria, ma può farlo solo facendo uso della sua singolarissima
libertà e nella più completa gratuità. La Stein ricorda, in uno
scritto degli anni trenta, che l’atto più libero della persona è
il dono totale di sé. Un dono che si profila come atto di abbandono
totale alla volontà divina che sola
conosce il destino vero della storia. E, tuttavia, il ruolo della
comunità che, in questo caso, diviene educante, è tutt’altro
che indifferente. Essa può, da un lato fornire gli strumenti
culturali che permettano di dare un giudizio vero sulla realtà,
dall’altro essere di aiuto nella battaglia personale che ognuno
deve ingaggiare e sostenere con la menzogna che, prima di tutto,
alberga nel proprio cuore e, poi, nel mondo nel quale si vive. Non
è possibile, in questa sede, dar conto delle stupende analisi che la
Stein svolge sul ruolo assunto dalla comunità
nell’educazione. Possiamo solo mettere in risalto la profonda
responsabilità educativa che ella stessa vive nei confronti di
quanti hanno avuto modo di incontrarla lungo l’intero arco della
sua vita, una responsabilità che traeva origine dal riconoscimento
dei preziosi doni che la Grazia di Dio le aveva concesso per il bene
proprio e dell’umanità intera. Questa profonda consapevolezza
spiega l’ardire della
lettera scritta al Papa, così come la richiesta
a Dio di prendere la sua vita per la salvezza del suo popolo. Il 26
Marzo del 1939, dopo essere stata per circa sei anni nel Carmelo di
Colonia, scrive questo atto di consacrazione:
-
- Cara
Madre, la prego, mi consenta Vostra Reverenza di offrirmi al Cuore
di Gesù come vittima di espiazione per la vera pace: che la potenza
dell’Anticristo, se possibile, crolli senza che scoppi una nuova
guerra mondiale e che un nuovo ordine si possa costruire. Vorrei
farlo oggi perché è la dodicesima ora. So che sono un nulla, ma
Gesù lo vuole, ed Egli certamente in questi giorni chiamerà molti
altri a fare lo stesso (Stein, 2002, p. 366).
-
- E ancora in un testamento
redatto il 9 Giugno del 1939:
-
- Già
da ora accolgo la morte che Dio mi ha riservato, sottomettendomi
pienamente con gioia alla Sua santissima volontà. Prego il Signore
che voglia accogliere la mia vita e la mia morte a Suo onore e
gloria, per tutte le intenzioni dei Santissimi Cuori di Gesù e
Maria e della Santa Chiesa; in particolare per la conservazione, la
santificazione e il perfezionamento del nostro santo ordine,
soprattutto del Carmelo di Colonia e di Echt, in espiazione
dell’incredulità del popolo ebreo e perché il Signore venga
accolto dai suoi e venga il Suo regno nella Gloria, per la salvezza
della Germania e la pace nel mondo, infine per i miei familiari
viventi e morti e tutti quelli che Dio mi ha donato: che nessuno di
loro vada perduto (Stein, 2002, p. 36).
-
- In un momento in cui nulla
sembra fermare la potenza e la ferocia di quello che ella chiama
Anticristo, non viene meno il desiderio di donare la propria vita
affinché la salvezza possa avvenire. Non conosciamo il modo
misterioso in cui questo accade, ma guardando la realtà e la storia
con lo sguardo fiducioso donato dalla fede, possiamo essere certi
che Dio non disdegna mai l’offerta di una sua creatura, ancor più
quando essa gli è
cara, ed essere ugualmente
certi che, attraverso di essa,
Egli opera la
salvezza di tanti. La Stein sembra non aver mai dubitato di questo
neanche nel momento in cui viene catturata, insieme alla sorella
Rosa, nel monastero di Echt, in Olanda, in cui si era rifugiata per
sfuggire all’avanzare sempre più scellerato del piano di
annientamento del popolo ebreo.
-
- Quest’ultima annotazione
ci permette di chiudere il
presente contributo tornando,
seppur brevemente, alla
questione della posizione della Chiesa nei confronti della
persecuzione degli ebrei operata dal Nazismo.
-
- I pontefici che hanno avuto
a che fare con il Nazismo sono stati due: Pio XI e Pio XII. Il primo, uomo colto e di grande finezza intellettuale (14), guida la Chiesa
negli anni in cui nasce l’ideologia nazista e in quelli che vedono
l’attuazione dei primi provvedimenti contro il popolo ebreo. Egli
acconsentirà, dietro suggerimento dei vescovi tedeschi, a portare
avanti e a concludere nel luglio del 1933 un concordato con il
governo tedesco, come già aveva fatto con quello Fascista nel 1929,
nella speranza di permettere alla Chiesa di conservare la libertà
di educare, attraverso le istituzioni e le scuole cattoliche
presenti sul territorio, e di poter permettere ai cristiani di
professare, senza restrizioni, la propria fede. Nel Marzo del 1937
firmerà l’enciclica Mit
brennender Sorge che, stampata clandestinamente in Germania, sarà
letta in due parti, nelle chiese per due domeniche di
seguito. In essa troviamo, nella prima parte, una denuncia delle
violazioni del Concordato da parte del governo tedesco e, nella
seconda, una condanna degli errori dell’ideologia nazista e una
riaffermazione della corretta dottrina cattolica. L’enciclica giungeva
a conclusione di un’intensa opera di resistenza nei confronti
dell’ideologia nazista di cui erano stati protagonisti, oltre al
papa, i vescovi tedeschi che mai smisero, incuranti
delle ripetute e serie minacce da parte degli uomini del
regime, di richiamare le verità che provenivano dalla sana dottrina
cattolica. Chi volesse comprendere la posizione della Chiesa nei
confronti del Nazismo, non può fare a meno di richiamare
alla memoria i continui pronunciamenti della Conferenza
Episcopale Tedesca che venivano concordati nelle annuali
riunioni di Fulda (15) e, soprattutto, l’opera magisteriale del
vescovo di Münster von Galen (Cf. Esposito, 1985; Mattioli, 1986a,
1986b) e dei cardinali Bertram di Breslavia e Faulhaber (1934) (16) di Monaco.
-
- In essa, così come nel
magistero pontificio e nell’azione diplomatica vaticana, emerge
chiaramente che la preoccupazione della Chiesa riguarda innanzitutto la
possibilità di poter educare i cristiani alla vera dottrina. La propaganda Nazista infatti aveva messo in pericolo la trasmissione autentica del
Vangelo. Opere scritte da uomini di regime (17) miravano a confondere le coscienze dei
cristiani, in particolar modo dei più giovani e a presentare
l’ideologia nazista stessa come una nuova forma di religione. La
Stein ha presente questo pericolo quando, nell’aprile del 1933,
scrive a Pio XI:
-
- La
guerra contro il Cattolicesimo si svolge in sordina e con sistemi
meno brutali che contro il Giudaismo, ma non meno sistematicamente.
Non passerà molto tempo perché nessun cattolico possa più avere
un impiego a meno che non si sottometta senza condizioni al nuovo
corso (Stein, citato in Ales Bello e Chenaux, 2005, p. 105).
-
- È una guerra condotta sul
piano dottrinale, ma anche e soprattutto sul piano dei provvedimenti
miranti a sciogliere le associazioni di insegnanti e far chiudere le
scuole e gli istituti cattolici. Di essa abbiamo testimonianza in
una lettera che Edith scrive il 4 agosto
del 1933 al figlio della sorella:
-
- Evidentemente
non sei al corrente che anche i cattolici sono sottoposti ad una
forte pressione [il nipote, naturalmente, era ebreo (ndr)]. Il mio
Istituto ha lottato tutta l’estate per continuare ad esistere.
Tutti coloro che svolgevano una qualsiasi attività al suo interno
desideravano e speravano che io potessi riprendere le mie lezioni,
una volta passata la prima agitazione (Stein, in corso di stampa,
lett. 270).
-
- E ancora il 18 settembre del 1933:
-
- […]
Naturalmente ho pensato più spesso all’Istituto da quando so che
l’Associazione degli insegnanti è sciolta, e probabilmente
l’Associazione delle insegnanti seguirà presto la stessa sorte.
Questo vorrà dire che non ci sarà più un semestre estivo a Münster?
(Idem, lett. 282).
-
- Ancora, nel Dicembre del
1938, ricordando gli eventi che determinarono il suo allontanamento
dall’Istituto, racconta:
-
- Durante
il viaggio per Münster lessi un articolo di giornale su di un
grande convegno nazionalsocialista di insegnanti, al quale avevano
dovuto partecipare anche le associazioni confessionali. Mi fu chiaro
che nelle istituzioni educative si sarebbe tollerata meno che
altrove un’influenza contraria all’orientamento dominante.
L’Istituto presso il quale lavoravo era assolutamente cattolico,
fondato e sostenuto dall’Associazione degli insegnanti e delle
insegnanti cattoliche. Era chiaro, quindi, che aveva i giorni
contati. A ragione, allora, dovevo fare i conti con la fine della
mia breve carriera di docente. Il 19 aprile giunsi a Münster e il
giorno seguente mi recai all’Istituto. Il Direttore era in viaggio
per una vacanza in Grecia. Il segretario, un insegnante cattolico,
mi condusse nel suo studio
e si sfogò. Da settimane era costretto a condurre trattative
stressanti ed era completamente sfinito. “Immagini, signorina, che
qualcuno è già venuto a dirmi:
«La dottoressa Stein non continuerà mica a tenere le sue
lezioni?»”. Sarebbe stato forse meglio se
per quell’estate avessi rinunciato a dare lezione e avessi
lavorato in maniera riservata al Marianum. Fino all’autunno la
situazione si sarebbe forse chiarita, l’Istituto sarebbe stato
probabilmente rilevato dalla Chiesa e nulla più si sarebbe opposto alla mia
collaborazione (Idem, lett. 346).
-
- Come si può notare, il
tentativo di arginare, attraverso il Concordato, il susseguirsi, da parte del governo tedesco, di azioni miranti ad eliminare anche
la resistenza cattolica, mostra la sua fragilità. La determinazione
con la quale Hitler e il suo apparato burocratico di governo portano
avanti il piano di eliminazione di ogni tipo di opposizione sembra
non avere ostacoli.
-
- Già negli anni
immediatamente seguenti alla nomina di Hitler a cancelliere del Reich,
il lager di Dachau aveva
tra i suoi internati migliaia di sacerdoti cattolici e, dopo
l’occupazione della Polonia e la sua trasformazione in
governatorato del Reich
tedesco, il loro numero aumentò a dismisura.
-
- Questa crescente risolutezza
nell’eliminare i nemici, di qualsiasi natura fossero, motiva
anche, l’apparente, cambiamento di atteggiamento da
parte della Chiesa e della diplomazia vaticana nei confronti di
Hitler. (18)
-
- Il 10 febbraio del 1939 Pio
XI muore e gli succede il cardinale Pacelli che assumerà il nome di
Pio II. Il Conclave che lo elegge sarà estremamente breve a motivo
della situazione particolarissima nella quale il mondo si trova.
Scrive Traniello (1992, p. 72).
-
- Il
momento in cui Pio XII assumeva la successione di Pio XI, a sei mesi
dalla conferenza di Monaco, corrispondeva dunque per la Santa Sede a
un’accresciuta percezione che la presenza del Terzo Reich,
con la sua politica totalitaria e imperialista, sconvolgeva, in
tutto lo scacchiere europeo, le linee privilegiate da Roma nel
periodo postbellico, intaccava un quadro generale fino allora
ritenuto favorevole alla Chiesa, introduceva gli elementi ci una Weltanschuung
radicale orientata nel senso del neopaganesimo, dello statalismo
nazionalistico e del razzismo naturalistico, che toccava alcuni
gangli vitali della religione cattolica e nondimeno esercitava la
forza di attrazione propria di una nuova religione secolare di
massa.
-
- Egli cercò inutilmente di
evitare con ogni sforzo la guerra e, a guerra iniziata, di fare
quanto era possibile sia sul piano degli interventi magisteriali,
sia su quello della azione pratica, volta a istituire organismi che
si occupassero di quanti soffrivano, per
difendere i diritti della persona e dei popoli. Non è possibile, in
questa sede, dar conto delle iniziative intraprese a difesa delle
famiglie di soldati che avevano bisogno di informazioni, dei
rifugiati e prigionieri politici di ogni genere e, sebbene da
qualche storico illuminato ciò
venga ancora negato,
anche a favore degli ebrei. Le difficoltà nella comprensione di
questa grande azione di difesa sono da addebitare innanzitutto alla
ignoranza dei fatti, ignoranza non scusabile vista la gran mole di
documenti e di testimonianze a disposizione, e a pregiudizi ideologici. Lungi
da noi l’idea di voler difendere un operato che non ha bisogno di
difesa (19); vogliamo solo sottolineare il fatto che Pio XII ha dovuto
condurre la nave della Chiesa in mezzo alla tempesta della seconda
guerra mondiale e dell’inasprirsi, sino alla soluzione
finale, della persecuzione del regime nazista contro gli ebrei.
Egli l’ha fatto cercando di evitare, quanto più possibile, il
precipitare degli eventi sebbene, come abbiamo più volte
sottolineato, vi sia riuscito solo in parte a causa della
scelleratezza di quanti, ignorando il benché minimo diritto
naturale dell’essere umano, lo abbiano
trasformato in Stucke
(pezzi) da eliminare o insetto da cui essere disinfestati. Lo
ha fatto ascoltando la voce dei suoi confratelli nei paesi occupati,
evitando, così, iniziative che avrebbero potuto arrecare maggior
danno. Ha usato come arma il silenzio! Un silenzio che gli
permettesse di operare per la salvezza dei
tanti che entravano
nel raggio della sua azione.
-
- Chiudiamo questo contributo
con un ultimo cenno
ad un fatto accaduto in Olanda nel 1942. Lo sentiamo raccontare da
padre Pierre Blet (1999), il gesuita che per lunghi anni ha
lavorato, insieme ad altri, negli Archivi segreti del Vaticano, alla
pubblicazione dell’opera riguardante i documenti della Santa Sede
nel periodo della seconda guerra mondiale:
-
- Il
9 ottobre 1942 monsignor Giobbe, internunzio nei Paesi Bassi,
costretto a ritirarsi a Roma, portò a conoscenza del cardinale
Maglione due documenti ricevuti dall’Olanda a proposito della
deportazione. Il primo era la lettera pastorale collettiva del 20
Luglio, con la quale i vescovi informavano i fedeli di una protesta
inviata insieme, da cattolici e protestanti, alle autorità
germaniche: «la richiesta mira soprattutto ad impedire la
deportazione in massa dei non-ariani, come si è fatto e si sta
facendo perfino con donne e fanciulli». L’altro documento era
la lettera scritta dall’arcivescovo di Utrecht, de Jong, al
Commissario del Reich Seyss-Inquart, perché «mentre in un primo
tempo era stato concesso ai cittadini non-ariani di religione
cristiana che non sarebbero soggetti alle disposizioni date nei
riguardi dei non-ariani in genere (argomento della lettera di cui
sopra), tale concessione era stata revocata nei riguardi dei
cattolici non-ariani. Il pretesto per questa misura ostile ai
cattolici è per avere pubblicato nella Pastorale del 20 Luglio, su
accennata, il testo del reclamo inviato dai Capi delle confessioni
cristiane al Commissario del Reich (p. 197).
-
- Di questa azione di
rappresaglia, conseguente ad una presa di posizione dei vescovi
olandesi nei confronti del Nazismo, fecero le spese anche Edith
Stein e sua sorella Rosa che, il 2 Agosto del 1942, furono prelevate
dal monastero di Echt per essere deportate e uccise ad
Auschwitz-Birkenau probabilmente il 9 di quello stesso mese.
-
- Riferimenti bibliografici
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Bello, A. & Chenaux, Ph. (a
cura di) (2005). Edith Stein
e il nazismo. Roma: Città Nuova.
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totalitarismo. (A. Guadagnin, Trad.). Milano: Edizioni di
Comunità. (Originale del 1951).
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- Blet,
P. (1999). Pio XII e la
seconda guerra mondiale negli archivi vaticani. (E. P. Pacelli e
R. Di Castro, Trad.). Milano: Ed. San Paolo. (Originale del 1997).
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vescovo indesiderabile: le grandi prediche di sfida al nazismo. Padova:
Ed. Messaggero.
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(G. Ricciotti, a cura di), Brescia: Morcelliana.
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distruzione degli Ebrei d’Europa. (F. Sessi e G. Guastalla,
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Bologna, Trad.). Milano: Feltrinelli. (Originale del 1957).
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secolo. (M. Limiroli e E. Ramaiola, Trad.). Milano: Jaca Book.
(Originale del 1970).
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- Mattioli.
V. (1986a). Il Leone di Münster.
Palestra del Clero, 15 Novembre 1986, pp. 1385-1396
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- Mattioli.
V. (1986b). Il Leone di Münster.
Palestra del Clero, 1 Dicembre, pp. 1453-1464.
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dem Leben einer jüdischen Familie und weitere autobiographische
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- Stein,
E. (In corso di stampa). Lettere
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-
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F. (1992). Il pontificato
di Pio XII. In M.
Guasco; E. Guerriero & F. Traniello
(Edd.). I
cattolici nel mondo contemporaneo (1922-1958).
2 ed. (pp. 65-103).
Roma: Edizioni Paoline.
-
- Note
-
- (1) Ales Bello e Chenaux,
2005 riporta gli interventi di una giornata di studi tenutasi alla
Pontificia Università Lateranense in occasione della pubblicazione
della lettera che la Stein scrisse a Pio XI. [ritorna]
-
- (2) Faremo riferimento a
quanto ella racconta in alcune lettere inviate a varie persone e a
ciò che viene riportato in due testi autobiografici, ora raccolti
nel primo volume delle Gesamtausgabe, vale a dire, Aus dem Leben einer jüdischen
Familie e Wie
ich in den kölner Karmel kam.
[ritorna]
-
- (3) Così lo definisce
Hilberg in uno degli studi più importanti e documentati della Shoa.
[ritorna]
-
- (4) Per la storia delle
reazioni, anche al di fuori dello stato tedesco, a questo decreto
cfr. il testo di Hilberg, 1985/1999. [ritorna]
-
- (5) Non possiamo negare
l’importanza di un giudizio chiaro nei riguardi di questa
questione anche per quel che riguarda le azioni di quelli che hanno
vinto la guerra. I morti civili provocati dai bombardamenti della
Seconda Guerra Mondiale e quelli provocati dalle cosiddette
operazioni chirurgiche di tutte le guerre delle XX secolo, pongono
in maniera chiara la domanda sulla responsabilità di quanti operano
oltre che di coloro che impongono ordini. [ritorna]
-
- (6) Per poter licenziare i
loro dipendenti ebrei, alcune imprese tedesche, fecero appello a
delle clausole del contratto secondo le quali si poteva licenziare
unicamente in caso di malattia, di morte o di realtà che
impedissero al dipendente di lavorare. I tribunali accolsero queste
istanze in maniera inappellabile dando avvio, così, a quella
visione secondo la quale l’appartenenza alla razza equivaleva ad
una malattia o alla morte. [ritorna]
-
- (7) Gli ebrei svolgevano il
loro lavoro in maniera impeccabile e, il più delle volte, erano
difficilmente sostituibili. [ritorna]
-
- (8) Importanti sono le
vicende che riguardano le famiglie Rothschild, Weinmann e Petschek
che difesero, fino alla fine, i loro imperi economici mettendo a
dura prova le capacità degli esperti in economia del regime. [ritorna]
-
- (9) Questo è il termine
usato all’or quando il 20 Gennaio 1942, nella conferenza di
Wannsee, si decise di attuare la soluzione
finale. [ritorna]
-
- (10) Tra le righe possiamo
scorgere il sentimento di sconcerto, ma anche di lucida
consapevolezza, per la sorte di persone conosciute personalmente. [ritorna]
-
- (11) Questo giudizio sembra essere condiviso anche da Shakespeare, allor quando,
ne Il mercante di Venezia
fa dire all’ebreo Shylock: «Ma sì,
toglietemi la vita e tutto, / non fatemene grazia, a questo punto! /
Mi togliete la casa, / se togliete il sostegno che la regge; / mi
togliete la vita, / se mi togliete i mezzi su cui vivo». [ritorna]
-
- (12) Questo atteggiamento di
docilità e di ascolto di quello che le suggeriva la realtà è uno
degli aspetti più interessanti dell’esistenza e dell’opera di
Edith Stein. In esso rinveniamo anche uno dei tratti della sua
santità. [ritorna]
-
- (13) La Conferenza
Episcopale di Fulda il 30 maggio 1933 aveva deciso la pubblicazione
di una lettera pastorale collettiva. L’Arcivescovo Konrad Gröber
di Friburgo ricevette l’incarico della stesura del testo
definitivo. La lettera pastorale è datata 3 giugno 1933, vigilia
della festa di Pentecoste. Nello Anzeiger
für die Kölner Geistlichkeit (Gazzettino per il clero di Colonia)
N° 15 del 9 giugno 1933 è annotato: “Colonia, 7 giugno 1933. La
lettera pastorale precedente deve essere letta dal pulpito divisa in
due parti, e precisamente la domenica della SS. Trinità (11 giugno)
e la seconda domenica dopo Pentecoste (18 giugno). Cardinale Karl
Joseph Schulte, arcivescovo di Colonia”. Nella diocesi di Münster
la lettera sarà stata resa nota allo stesso modo. (La nota è di
sr. Amata Neyer ed è inserita nel testo tedesco). [ritorna]
-
- (14) Si veda il breve
profilo biografico in Jedin, 1980, pp. 26-32. [ritorna]
-
- (15) È a quella del 1933
che si riferisce la Stein nella lettera citata precedentemente. [ritorna]
-
- (16) Il libro raccoglie le
prediche del Cardinale nelle quali egli chiariva il rapporto fra
Giudaismo e il Cristianesimo e individuava gli errori del Nazismo. [ritorna]
-
- (17) Ci riferiamo, per
esempio, a opere come Il mito
del Ventesimo secolo di Alfred Rosenberg. [ritorna]
-
- (18) Abbiamo detto apparente perché molti storici, soprattutto, di formazione
laicista, tendono a sottolineare le differenze tra i due pontificati
e, più di ogni altra cosa, a denigrare l’azione di Pio XII nei
confronti degli ebrei. [ritorna]
-
- (19) Anche perché storici
di notevole levatura hanno messo a nostra disposizione una rilevante
documentazione storica, soprattutto, a partire da quella presente
negli Archivi Segreti del Vaticano, raccolti nella poderosa opera Actes
et documentes du Saint Siège relatif à la seconde guerre mondiale.
[ritorna]
-
- Nota al riguardo
dell’autore